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Visita di Sutera

Tour guidato del borgo di Sutera e delle sue caratteristiche viuzze

Sutera è un collare di case di pietra intorno alla rupe gessosa del Monte San Paolino che domina la valle del fiume Platani. Il disordine urbanistico dell’edilizia «fai da te» qui è meno marcato, perché rimane evidente l’impianto medievale: le abitazioni sono ammucchiate le une sulle altre, vecchie e nuove; i colori tradizionali del gesso cercano un raffronto con quelli dei prospetti più recenti; le stradine in pietra lavica e calcarea mantengono un andamento labirintico.

La visita può iniziare dal belvedere di piazza Sant’Agata, dove impone la propria solida volumetria la quattrocentesca chiesa di Sant’Agata, in contrasto con l’ottocentesco Municipio. Nell’interno a tre navate – con volta a botte in quella centrale e grandi arcate – si apprezzano gli stalli del coro in legno scolpito, appartenuti alle Benedettine trasferitesi nel vicino convento nel 1727, la splendida statua in marmo quattrocentesca della Madonna delle Grazie, opera di maestranze lombarde, e la tela della Madonna degli Innocenti di Mariano Rossi (metà XVIII secolo) nella cappella del Sacramento.

Più avanti, percorrendo la via Roma s’incontrano i ruderi del quattrocentesco palazzo Salamone, in cui nacque uno dei tredici eroi della Disfida di Barletta, l’uomo d’arme Francesco Salamone (1478-1569). piazza Carmine è chiusa dalla quinta prospettica della chiesa di Maria Santissima del Carmelo, ricostruita nel 1934-36; la struttura originaria è del 1185 e l’attuale prospetto ingloba un piccolo porticato nel cui portalino d’accesso si notano inserti provenienti dalla moschea del Ràbato. Alla sua destra, il piccolo convento del 1664 ristrutturato di recente è sede del museo della civiltà contadina. Nel candido interno a tre navate, la Madonna del Soccorso è il capolavoro marmoreo del carrarese Bartolomeo Berrettaro: la statua fu scolpita nel 1503 per committenza della famiglia Salamone, i cui sarcofagi ornano la cappella a destra del coro.

Proseguendo per via Carmine si giunge al Rabato, il quartiere all’estremità del paese fondato dagli Arabi intorno all’860 d.C. Il Rabad – termine che sta per «sobborgo» – era un insieme di case dalle mura di gesso abbarbicate le une alle altre, stretti vicoli, ripide scalinate, bagli e terrazzi. Il villaggio arabo è ancora leggibile nell’impianto urbanistico odierno, soprattutto dall’alto del monte, da dove si ammirano i vecchi tetti di coppi siciliani e l’intrico di stradine tipico di una casbah araba.

Da quel modello è derivata la casa contadina siciliana a un solo piano, il dammuso, con una singola stanza soppalcata, realizzata in gesso. L’insediamento arabo è sepolto sotto i diversi strati edilizi: sulla moschea edificata intorno all’875, il barone Giovanni Chiaramonte nel 1370 ha innalzato la compatta massa della chiesa di Santa Maria Assunta, ristrutturata nel 1585 e dotata di un elegante portale rinascimentale e di un fonte battesimale marmoreo del 1495. Nella chiesa restano alcuni elementi architettonici della moschea, sporgenti da una parete del locale sovrastante, come le quattro nicchie in muratura di gesso.

Da piazza del Carmine si sale per una scalinata di 183 gradini distribuiti in quattro rampe al Monte San Paolino, alto 812 metri, sul cui terrazzo Giovanni Chiaramonte nel 1370 fece erigere sulle strutture dell’antico castello bizantino il santuario di San Paolino. La chiesa è affiancata dal piccolo convento settecentesco dei Padri Filippini che conserva la tela della Madonna in trono fra i Santi Damiano e Cosma di Filippo Tancredi. Ma il vero tesoro della chiesa, custodito in uno stipo ligneo del 1903 alla destra del presbiterio, sono due urne-reliquiario, espressioni massime dell’oreficeria siciliana antica. L’urna contenente le ossa di San Paolino è un grande cofano del 1498 con coperchio a schiena d’asino, sbalzato in una ricamata lamina d’argento con figure a rilievo e decori a racemi e palmette; quella in cui alloggiano le ossa di Sant’Onofrio, eseguita nel 1649 dal palermitano Francesco Rivelo, è uno sfarzoso esempio dell’arte orafa barocca.

Collinette gessose movimentano il paesaggio nei dintorni del borgo. In una di queste, detta rocca spaccata, tradizione vuole che la roccia si sia aperta con l’ultimo respiro di Gesù sulla croce. Nella collina di San Marco, caratterizzata da roccia gessosa e friabile frantumata in grotte, si ammirano in un anfratto i figureddi, affreschi in stile bizantino che rappresentano i quattro Evangelisti, la Madonna e San Paolino, probabile opera di monaci basiliani tra il IV e il VI secolo.

 

Servizi inclusi: 

- Visita di Sutera

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Partenza: 
Sutera
Arrivo: 
Sutera
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