Al pari di molti altri paesi calabresi che hanno una parte disabitata e fatiscente, anche Civita ha le sue crepature e case collassate; nondimeno, è un borgo fantastico.
È uno dei 25 comuni arbëreshë della provincia di Cosenza, fondato intorno al 1471 da profughi albanesi rifugiatisi in Calabria per sfuggire all’occupazione turco-ottomana dei Balcani.
Protetti da Irene Castriota Skanderbeg, moglie del principe di Bisignano e pronipote dell’eroe nazionale albanese, si stanziarono in queste zone conservando le loro tradizioni come il rito greco-bizantino, officiato ancora oggi nella chiesa di Santa Maria Assunta.
Le rughe (i vicoli stretti) tutte in salita si dipartono con andamento circolare verso le piazzette – qualcuna con fontana in pietra dell’Ottocento – che collegano i vari nuclei urbani (gjitonie in albanese).
Il quartiere vecchio di Sant’Antonio (Sin Andoni) con le sue casette basse, i suoi segni disfatti, le sue persone anziane sedute davanti alla porta di casa, regala immagini d’altri tempi.
Civita è anche un paese di case parlanti, perché alcune piccole abitazioni hanno occhi (le finestre), bocca (la porta) e talvolta naso (la canna del camino).
È un paese di comignoli dalle forme minacciose per tenere lontani gli spiriti, realizzati nei secoli passati da mastri muratori.
C’è qualcosa di selvaggio, in questo alfabeto di segni che non riusciamo a decifrare, come le rocce antropomorfe della valle del Raganello.
- Una notte in camera standard doppia/matrimoniale con prima colazione
- Degustazione di lumache (secondo stagionalità) e vino locale
- Trasporti
- Tutto ciò che non è compreso alla voce "servizi inclusi"