Nelle botteghe degli artigiani e nei fondachi dei commercianti, le maioliche per secoli hanno dato pane e lavoro a Deruta.
Quale grazia usciva dall’incontro tra le mani esperte dei vasai, la fantasia dei pittori e la magia del fuoco!
Gli ornati preziosi del periodo rinascimentale, la fitta trama di fiori, foglie e sottili arabeschi del periodo calligrafico, disegnavano uno stile di vita, erano già il segno del “made in Italy”.
Soprattutto ci stupisce il segreto del lustro dorato, geniale invenzione dei vasai di Deruta, che esalta le figurazioni e sembra riecheggiare gli ornati a oro profusi nel dipinto dell’“Alunno” conservato nella pinacoteca.
Non sono, infatti, solo le maioliche a catturarci gli occhi a Deruta.
Abbiamo una grande firma della pittura, il Perugino, che in una sua opera infila una panoramica di Deruta come appariva nel 1476: compatta, perfetta.
Era un mondo di vasai con la loro patrona, Santa Caterina d’Alessandria, affrescata nella chiesa di San Francesco.
E con le sue ragazze, piene di voglia di vivere, che prestavano il volto alle Madonne, come quella di Castelleone, nella chiesa di San Donato, o l’altra nella cappella del Fanciullo, a Sant’Angelo di Celle.
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