Questo lembo di Marche a balcone sul mare, esplode di bellezza come nei paesaggi di Agrà, il pittore di Mondolfo: una cromia di verdi e di azzurri, spatolate di giallo (il colore del grano che imbiondisce le colline), macchie scure di boschi, giusta distribuzione delle luci.
Salendo dal litorale, il primo incontro è l’abbazia di San Gervasio, basilica paleocristiana di età barbarica con i pavoni immortali scolpiti sul sarcofago bizantino.
Tra filari di viti e oliveti, e case coloniche sparse che ricordano la mezzadria, si sconfina nell’orizzonte sino al mare.
Ad annunciare Mondolfo, difesa dalle possenti mura del Castello, il caldo colore del cotto che avvolge il palazzo municipale, l’Oratorio di San Giovanni decollato – dove danza, in un quadro, una torbida Salomè -, i palazzi e le chiese tutte.
È forte, su queste colline marchigiane, il legame tra arte e terra: il materiale per gli altari e gli arredi viene dal bosco, affreschi, pale e pulpiti istoriati sono frutto di una devozione popolare nata nelle campagne.
Edicole sacre e chiesette rurali parlano la lingua della fede.
Le chiese di Mondolfo sono un libro aperto di storia dell’arte con le figure di Dio e dei santi. La duplice cortina muraria racchiude in questo borgo fortificato l’impronta rinascimentale e barocca, e dai belvedere lo sguardo contempla il mare, l’Adriatico, oltre il quale è Bisanzio, l’origine di tutto.
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