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Visita di Bovino

Visita guidata del borgo di Bovino

Non sono certi l’origine e il significato di Vibinum, il nome della Bovino romana attestato da Plinio e Polibio.

Forse deriva dalla lingua osca parlata dalle antiche popolazioni della Daunia e significa “bue”.

Nel 323 a.C., la città, fondata dai Dauni, partecipa alle lotte sannitiche contro i Romani, dai quali viene distrutta e ricostruita col nome di Vibinum.

La colonia ottiene da Roma il riconoscimento di municipium e quindi il privilegio di governarsi con proprie leggi.

 

Nel 663 d.C. Bovino è distrutta dai Bizantini durante la guerra con i Longobardi, da cui era stata precedentemente conquistata e vanno in fiamme le magnifiche opere romane.

 

Nell'876 d.C., per opera dell’imperatore Basilio I e dei suoi strateghi bizantini, Bovino comincia a rifiorire. Vengono ricostruite le mura per migliorare il sistema difensivo e le strade sono tracciate con quella configurazione tortuosa e stretta che ancora oggi si osserva nei quartieri più antichi.

 

Qusi un secolo dopo i Saraceni di Abul Kasem, giunti dalla Sicilia, mettono a ferro e fuoco la città, subito ricostruita dai Bizantini. Ma, pochi decenni più tardi, è di nuovo distrutta dall’imperatore Ottone I.

 

Bovino è uno degli ultimi capisaldi bizantini. Drogone, fratello di Guglielmo d’Altavilla, riesce a vincerne la resistenza (1045) e a consegnarla, distrutta, al dominio normanno.

 

Durante la dominazione di Federico II, Bovino vive un periodo di tranquillità e prosperità. Poi dagli Svevi passa agli Angioini, e successivamente sotto il dominio di vari feudatari.

 

Si succedono al comando del feudo di Bovino varie casate gentilizie. Chi lascerà la più feconda impronta è Don Giovanni de Guevara, nobile di Spagna, che dal re Filippo di Spagna ottiene nel 1575 il titolo di Duca di Bovino. Il duca amplia il castello dandogli l’aspetto di palazzo gentilizio.

 

Nel 1656, la peste bubbonica lascia in vita a Bovino appena 1200 cittadini.

 

Tra il XVIII e il XIX sec. Bovino subisce la piaga del brigantaggio. Nonostante la massiccia presenza di soldati nella zona, la situazione è così grave da costringere i Borboni a vietare, lungo l’intero tragitto tra Benevento e Bari, che i boschi arrivino ai margini della via maestra.

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